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«Un listino per le blue chip europee»

di Morya Longo

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31 DICEMBRE 2008


«Nella crisi finanziaria del 2008 le Borse hanno svolto un ruolo essenziale, perché hanno fornito agli investitori liquidità in modo regolare. In fin dei conti negli ultimi mesi gli unici serbatoi di liquidità sono stati i mercati azionari e le Banche centrali». Massimo Capuano, 54 anni, risponde a chi nei mesi scorsi proponeva di chiudere le Borse per fermare l'emorragia di vendite: se non ci fossero stati i listini azionari, dice in sostanza, la crisi avrebbe potuto avere effetti anche peggiori di quelli già visti. Dal 1998 Capuano è l'amministratore delegato di Borsa italiana e ora, dopo la fusione con la Borsa di Londra, è anche il vice di Clara Furse al vertice del gruppo London Stock Exchange. La fusione tra i due listini è capitata proprio nell'anno della crisi finanziaria. Crisi che ha reso più complicato il "salto di qualità" di Milano e anche i rapporti tra Capuano e la Furse. Lui li definisce «ottimi», ma qualcuno è arrivato a porsi il dubbio se la fusione sia stata davvero positiva per Milano. Le performance azionarie, in effetti, non incoraggiano.

Come mai gli indici della Borsa di Milano nel 2008 sono stati tra i peggiori nel mondo? Anche i volumi di scambi sono calati...
Il problema è che il nostro è un mercato piccolo, con un numero di società inferiore rispetto ad altri, e in momenti di crisi ne risente di più. Per di più a Piazza Affari il peso di banche e assicurazioni è più forte, per cui l'intero indice ha sofferto più che in altri Paesi.

Possibile che gli investitori penalizzano l'Italia perché pensano che negli altri Paesi, soprattutto negli Usa, le misure a sostegno del sistema finanziario siano più incisive?
Non credo che sia questo il motivo. Negli Stati Uniti la crisi ha mostrato urgenze ed emergenze che in Italia non c'erano: questo ha spinto le istituzioni a reagire in tempi più rapidi. Per le banche italiane non c'erano particolari elementi critici: questo permette interventi più lenti, ma anche più calibrati.

Cosa può fare una Borsa, come quella di Milano-Londra, per aiutare i mercati finanziari a riprendersi?
Noi vogliamo essere una parte attiva nella rivisitazione delle regole internazionali e dei sistemi di controllo. Come le altre società che gestiscono listini azionari, stiamo sui mercati tutti i giorni e investiamo in trasparenza e controlli: quando si entrerà nel vivo del dibattito sulle nuove regole, potremo dare un contributo valido.

Un contributo potreste darlo sul mercato dei derivati. La crisi ha dimostrato che questi strumenti, scambiati fuori da Borse regolamentate e senza una controparte centrale, possono diventare dei boomerang.
Certo. Tutte le Borse possono dare un contributo: devono sicuramente recuperare quote di mercato nel mondo dei derivati. Attualmente si stima che solo il 20-25% di tutti gli scambi su questi strumenti finanziari passi attraverso listini regolamentati. Tutto il resto è fuori-Borsa. I listini ufficiali possono crescere, dato che hanno una controparte centrale (che elimina il rischio di fallimento dei broker o delle banche con cui si effettuano transazioni, ndr), e possono offrire agli investitori molte garanzie in più.

E il London Stock Exchange che progetti ha in tal senso?
Noi abbiamo due punti di partenza: da un lato l'Edx, cioè il mercato dei derivati della Borsa di Londra, e dall'altro l'italiano Idem. Abbiamo anche una controparte centrale. Partendo da queste basi stiamo portando avanti un progetto che sarà visibile nel 2009.

Lei ha sottolineato l'importanza di una controparte centrale, che elimina il cosiddetto rischio di controparte. Borsa italiana ne ha una, cioè la Cassa di Compensazione e garanzia. Non è il momento giusto per farla crescere all'estero?
Sì. L'internazionalizzazione sarà uno dei nostri obiettivi nel 2009. La Cassa di Compensazione e Garanzia ha svolto un ruolo essenziale sui mercati italiani: ultimamente ha anche iniziato ad operare sui derivati dell'energia. Ma ora dobbiamo esportarla all'estero: questa è una delle nostre priorità nel 2009.

Attualmente, però, neppure la Borsa di Londra usa la Cassa di Compensazione. Com'è possibile?
È possibile perché il post-trading è un processo "intimo" per gli intermediari, che coinvolge il back office. La migrazione su un altro sistema va fatta con cautela e con un progetto ben definito. Insomma: è un processo che va portato avanti con delicatezza. E lo faremo nel 2009.

Il 2008 è stato anche l'anno della fine dell'obbligo di concentrazione. Come vi state attrezzando per far fronte alla concorrenza?
  CONTINUA ...»

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